
ANDREA TERRIN
INCLUSIONE A COLORI
Il sostegno dei processi di inclusione sociale attraverso l’arte, che ha il
potere di accrescere le competenze sociali e la condivisione della
bellezza, sono i temi centrali delle due mostre che si terranno in due
fine settimana a Sacile (PN):
il 24, 25 e 26 gennaio, con l’esposizione delle opere di Andrea Terrin;
l’1 e 2 febbraio, con l’esposizione dei mosaici della Fondazione Bambini
e Autismo di Pordenone e la partecipazione dell’associazione Il Bruco e
la Farfalla.
“Che cosa possiamo fare noi cittadine e cittadini, nel nostro piccolo, per contribuire al cambiamento?”. È questa la domanda emersa con forza nel corso degli incontri di questi due giorni con Fiammetta Borsellino, che da anni si occupa di sensibilizzazione nei confronti della lotta alle mafie, dialogando soprattutto con ragazze e ragazzi, sue interlocutrici e interlocutori privilegiati.
Mercoledì 15 e giovedì 16 gennaio 2025 si sono svolti due degli appuntamenti più attesi ed emozionanti della seconda edizione di Riflessere, Festival della Legalità, organizzato dall’Associazione Tarakos. Ospite d’eccezione, Fiammetta Borsellino, che nella serata di mercoledì, al Teatro Gozzi di Pasiano di Pordenone, ha partecipato ad un evento aperto a tutta la comunità, mentre la mattina di giovedì, al Teatro Pileo di Prata di Pordenone, ha incontrato le studentesse e gli studenti della Scuola Secondaria di I grado “A. Canova” di Brugnera. Successivamente, vi è stata anche una visita alla Biblioteca Civica di Brugnera, che ospita uno dei 41 presidi attivi in Friuli Venezia Giulia (coordinati dal progetto regionale “LeggiAMO 0-18”) del progetto “Bill – Biblioteca della Legalità”.
Le luci in sala si abbassano e cala il silenzio, il palco si illumina. Fiammetta Borsellino inizia il racconto e le sue parole sono come un torrente in piena, che scorre senza sosta per più di mezz’ora, riportando la platea indietro nel tempo a persone e vicende così gravi e significative che, da esperienza personale, si sono tramutate in memoria collettiva, cambiando il volto di un intero Paese.
È nel venticinquesimo anniversario della morte del padre nella strage di via D’Amelio, che Fiammetta Borsellino sente la necessità di prendere la parola e aprire un dialogo diretto con il pubblico perché, per evitare che le celebrazioni si trasformassero in un esercizio di memoria vuota e sterile, era necessario entrare nel merito e discutere del mancato percorso di verità che emergeva dai processi su quei gravissimi eventi. Da allora, Fiammetta Borsellino gira l’Italia, incontrando soprattutto le e i più giovani, per sottolineare quanto educazione e cultura siano fondamentali nella lotta alla mafia, perché la mafia ancor più che un’organizzazione, è una mentalità dedicata all’utilizzo di attività illecite per ottenere sempre più denaro e potere, e prospera nell’ignoranza.
Numerose le riflessioni consegnate al pubblico nel corso dei due eventi. La lotta alla mafia non si fa con i proclami o con le pistole, ci ricordano le parole di Giovanni Falcone, ma con lo studio, la cultura e l’educazione. Costruire una cultura dell’antimafia è essenziale per mettere la società nelle condizioni di reagire fin da subito, senza aspettare che diventi necessario farlo a posteriori. Tutti devono imparare a riconoscere il puzzo della criminalità organizzata, in particolare le persone più giovani, perché è tra di esse che la mafia recluta i propri soldati,
facendo leva sulla terribile illusione di una ricchezza facile e veloce da ottenere. Ed è proprio questo uno dei punti su cui si sofferma di più Fiammetta Borsellino. La mafia conosce i meccanismi della società e li sfrutta, in maniera subdola, a proprio vantaggio. E allora, in una società in cui il denaro è stato eletto a valore universale e la ricchezza è sinonimo di successo, dobbiamo cambiare radicalmente l’impostazione. Bisogna insegnare alle persone a riconoscere, apprezzare e proteggere la bellezza intesa nel suo senso più ampio e profondo. Dobbiamo, per esempio, riappropriarci delle nostre città e delle nostre strade, rifiutando di vivere in territori costellati di centri commerciali e chiedendo con forza più luoghi pubblici dove arricchire la propria cultura, come scuole, musei e biblioteche accessibili a tutti. Solo così possiamo favorire la formazione di cittadini autonomi e indipendenti. Ricordiamo che obiettivo di Paolo Borsellino non era meramente mettere in carcere i mafiosi, ma contribuire con il suo lavoro a provocare un cambiamento positivo nella società. E, tuttavia, una società non cambia a opera del singolo, ma grazie all’impegno collettivo, in cui ognuno fa la sua parte, costi quel che costi, per dirla con le parole di Giovanni Falcone.
Preziose anche alcune immagini che il racconto di Fiammetta Borsellino ha consegnato al pubblico. La straordinaria integrità del magistrato Paolo Borsellino che interroga la propria immagine riflessa nello specchio, al mattino mentre si fa la barba, per guardarsi negli occhi e chiedersi se sta facendo davvero tutto quanto in suo potere per meritarsi lo stipendio. Ma anche il Borsellino padre, che cerca di non far mancare la propria presenza alle figlie e al figlio e che trasmette loro i valori che ritiene più importanti. Tra questi, l’ottimismo citato più volte nel corso dei due incontri, perché è fondamentale non lasciarsi abbattere, soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà.
E, dunque, cosa possiamo fare noi, nel nostro piccolo per contrastare la mentalità mafiosa e contribuire al cambiamento? Gli spunti per rispondere a questa domanda non sono certo mancati. Se davvero vogliamo raccogliere l’insegnamento che ci è stato lasciato in eredità, possiamo fare il possibile per formarci e diventare cittadini educati e indipendenti, con uno spirito critico allenato a distinguere il bene dal male nella vita di ogni giorno. Possiamo, poi, trovare la nostra strada e percorrerla in simbiosi con la comunità in cui viviamo, utilizzando in maniera costruttiva le nostre capacità. Possiamo tenere sempre alta la guardia, valutando il significato di ogni azione che compiamo, anche la più piccola, per riconoscere e rifiutare ogni prevaricazione, perché questo significa una cultura della legalità. Possiamo avere fiducia nelle istituzioni e nello Stato ma, anche qui, sapendo sempre distinguere il bene dal male, le persone oneste, da quelle che perseguono il proprio interesse a discapito degli altri. Infine, possiamo essere ottimisti, per non smettere mai di credere e collaborare tutti assieme per quel cambiamento che Paolo Borsellino avrebbe voluto veder realizzato.